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Si può fare esercizio fisico anche dopo una diagnosi di cancro al seno?
La ricerca scientifica ci indica fortemente che l'attività fisica è sicuro durante e dopo il trattamento del tumore e può migliorare lo stato di salute, la percezione corporea e la qualità di vita.
Ma perchè è assolutamente necessario mantenere un buon livello di allenamento fisico? Prima di tutto perchè fare attività fisica abbassa il rischio di ricevere una prima diagnosi di cancro al seno e dall’altro lato perchè riduce notevolmente il rischio di una recidiva. In secondo luogo, perchè aiuta a mantenere un BMI (body Max Index) inferiore a 25 e aumenta la massa muscolare, in particolare dopo la menopausa. Diversi studi hanno infatti trovato una correlazione tra BMI, grasso corporeo e maggior rischio di insorgenza del tumore, in particolare dopo la menopausa.
Il grasso corporeo in eccesso aumenta il rischio di cancro al seno in post-menopausa in almeno tre modi importanti:
Aumento degli estrogeni: dopo la menopausa, il grasso corporeo è il sito principale della produzione di estrogeni. Più grasso corporeo generalmente significa livelli più elevati di estrogeni circolanti.
Infiammazione: man mano che il grasso corporeo si espande, spesso, si sviluppa un’infiammazione cronica di basso grado, aumentando la produzione di radicali liberi che possono danneggiare il DNA. Questo può innescare percorsi di segnalazione ed espressione genica che promuovono lo sviluppo e la progressione del cancro.
Resistenza all’insulina: alti livelli di insulina aumentano i segnali per la crescita del tumore.
Esercizio fisico e cancro al seno. Quali esercizi fare allora?
Ci sono 3 tipi di esercizi fondamentali nell’esercizio terapeutico:
Le più comuni modalità di chirurgia ricostruttiva dopo mastectomia utilizzano espansore e protesi in silicone, o si avvalgono dell’ausilio di lembi di tessuti di altri siti del corpo della paziente, detti lembi autologhi che vanno a ricostruire il volume mammario.
In ogni caso esiste la possibilità che si verifichino complicanze come dolore, gonfiore, contrattura capsulare, aderenze cicatriziali e disfunzioni posturali; la figura del fisioterapista può aiutare la paziente ad affrontare le possibili complicanze.
La ricostruzione più diffusa è quella che avviene con l’inserimento di un espansore mio-cutaneo che poi viene sostituito da una protesi in silicone, dopo adeguato riempimento e dilatazione dei tessuti. In questo caso si può andare incontro al rischio dell’ispessimento e contrattura della capsula, ossia dei tessuti che “inglobano” la protesi stessa.
Le cause sono multifattoriali: tipologia di protesi adottata, sede di impianto o infezione batterica. La più frequente è la risposta immunologica naturale del corpo alle protesi o agli espansori; l’organismo riconosce il corpo impiantato come una minaccia, ed esso viene avvolto da tessuto fibrotico che tenta di contenere il corpo estraneo.In alcuni casi la risposta è eccessiva e si crea una contrattura capsulare; la protesi diventa dura, deformata e dolorosa; il rischio di “rigetto” della protesi in silicone varia dal 4% al 10%.
La conseguenza è sia estetica sia funzionale ma talvolta così importante da richiedere un nuovo intervento. La fisioterapia, previo parere del chirurgo, può ridurne il manifestarsi del fenomeno e comunque ridurne i disturbi utilizzando tecniche di massaggio e mobilizzazione precoce.
Nelle ricostruzioni con lembi autologhi si utilizzano:
lembo mio-cutaneo dell’addome o solo adiposo-cutaneo dell’addome
con un’asola di muscolo e cute del gran dorsale che può essere usata da sola o con l’inserimento di una protesi in silicone
può essere utile ance la ricostruzione con lipofilling, cioè utilizzano grasso autologo adeguatamente preparato
Le complicanze in questo caso sono più di natura postulare, cicatriziale e di contratture antalgiche; anche in questo caso la poca letteratura scientifica presente indica la fisioterapia come fondamentale per un a ripresa rapida e funzionale.
Di recente, da qualche anno, si utilizzano nella ricostruzione mammaria anche protesi pre-pettorali, che in particolari casi su indicazione chirurgica, vengono inserite sopra il muscolo pettorale, evitando il suo scollamento e l’uso dell’espansore. Queste offrono un effetto estetico molto naturale ma richiedono tempi di immobilizzazione post-operatori più lunghi, con conseguente rischi aumentati sulla mobilità della spalla.
É importante, anche dopo la ricostruzione mammaria, lavorare con un fisioterapista esperto in senologia, per evitare complicanze immediate o tardive.
Ecco alcuni casi particolari del Carcinoma mammario
Carcinoma mammario in gravidanza:
si intendono i carcinomi insorti nel corso della gravidanza o entro un anno dal termine della stessa; rappresentano dallo 0.2% al 2.6% di tutti i ca mammari. Si verificano in 1 gravidanza ogni 3000 – 10000 casi, l’’incidenza è destinata però a crescere considerato l’aumento del numero di gravidanze nella fascia di età 30-39 aa e nella fascia 40-44 aa. Fino agli anni ’60 veniva ampiamente praticato l’aborto terapeutico. Successivamente comparvero studi in cui la prognosi delle pazienti che abortivano era simile o peggiore rispetto alle pazienti che avevano portato a termine la gravidanza. (Nugent, 1985, Clark, 1989, Azim, 2012). Attualmente viene ancora consigliato solo in casi selezionati e le variabili che influenzano tale decisione rispettano le scelte della paziente
L’esame principale per la diagnosi è l’ecografia ed è possibile effettuare sotto guida ecografica anche esami citologici (agoaspirato) o istologici (agobiopsia) per arrivare alla diagnosi molecolare della neoplasia.
La mammografia si può eseguire con adeguata schermatura addominale; non è invece indicata in gravidanza la risonanza magnetica.
I trattamenti del tumore in gravidanza dovrebbero essere il più possibile simili a quelli standard, evitando parto prematuro e interruzione della gravidanza. È necessaria un’adeguata informazione alla paziente e alla sua famiglia su possibili rischi e sull’ iter terapeutico.
La sicurezza della chirurgia è ormai ampiamente dimostrata in tutte le fasi della gravidanza; il trattamento chirurgico della mammella e ascella non si discosta, per indicazione e tecnica, da quello consigliato nei casi insorti al di fuori della gravidanza. La ricostruzione mammaria dovrebbe avvenire dopo il parto e l’allattamento per ottenere una resa estetica migliore; è possibile inserire l’espansore tissutale durante l’intervento chirurgico.
Il trattamento radiante deve essere evitato per i suoi effetti sull’evoluzione della gravidanza (impatto sull’organogenesi durante le prime 14 settimane, aumentata incidenza di ritardi di crescita, decessi perinatali e neoplasie postnatali successive, anche a seconda della dose) e rinviato a parto avvenuto.
La chemioterapia va prescritta nel 1° trimestre di gravidanza solo in caso di reale necessità perché il feto è maggiormente esposto al rischio di subire gli effetti tossici dei farmaci (malformazioni fino al 20%). Nel corso del 2°e 3° trimestre il feto ha terminato l’organogenesi e la placenta il suo sviluppo e può proteggere il feto dagli agenti tossici esogeni.
Carcinoma mammario maschile:
è un tumore raro che si manifesta più frequentemente tra i 60-70 anni.
Rappresenta circa 1% di tutti i carcinomi mammari e meno dell’1% dei tumori maschili; l’eziopatogenesi è multifattoriale, 1/3 dei casi è familiare e legato alla mutazione genetica BRCA1-BRCA2, circa il 4-14% è correlato alla presenza di mutazioni di BRCA2.
Il carcinoma maschile si presenta come massa retroareolare palpabile nel 60-90% dei casi, di consistenza dura, fissa rispetto ai piani circostanti e con interessamento del capezzolo nel 70% dei casi. La presentazione clinica tende ad essere a uno stadio più avanzato e più comunemente con coinvolgimento linfonodale rispetto al carcinoma femminile; l’assenza di un programma di screening contribuisce ovviamente a una diagnosi più tardiva rispetto al carcinoma femminile.
I fattori prognostici e la sopravvivenza, a parità di stadio tumorale, sembrerebbero in ogni caso sovrapponibili al carcinoma mammario femminile.
La terapia di questo carcinoma, la chirurgia e il follow-up non differiscono da quelli del carcinoma mammario femminile.
Carcinoma mammario ereditario:
In circa il 5-10% delle pazienti si riconosce una genesi eredo-familiare per trasmissione di geni che le predispongono all’insorgenza di un tumore al seno.
Il 20% delle pazienti ha in anamnesi una familiarità per neoplasia mammaria, che rappresenta un altro importante fattore di rischio, pur in assenza di una specifica mutazione genetica nota che ne giustifichi la genesi.
I geni principalmente coinvolti nella predisposizione genetica a sviluppare una neoplasia mammaria sono BRCA1 e BRCA2 (BReast CAncer), identificati come geni oncosoppressori implicati nella riparazione dei danni del DNA, nel funzionamento della forza replicativa e nei checkpoint del ciclo cellulare.
Rispetto alla popolazione generale, le donne portatrici di mutazioni BRCA presentano un rischio significativamente maggiore di sviluppare un tumore nell’arco della vita e ad una età inferiore; inoltre hanno una maggiore incidenza di tumori primitivi multipli.
Le mutazioni BRCA1 sono associate a un rischio aumentato del 72% di cancro mammario, del 53% di tumore controlaterale dopo 45 anni e del 44% di cancro ovarico, mentre le mutazioni BRCA2 conferiscono un rischio analogo di cancro mammario (69%), lievemente aumentato di tumore controlaterale (65%) e del 17% circa di cancro ovarico. (Kuchenbaecker KB, Hopper JL, Barnes DR, et al. Risks of breast, ovarian, and contralateral breast cancer for BRCA1 and BRCA2 mutation carriers. JAMA 2017; 23: 2402-16).
In presenza di mutazione BRCA, possono essere prese in considerazione varie strategie di prevenzione, secondaria e primaria, sia per il cancro della mammella sia per il cancro ovarico. Per quanto riguarda il cancro della mammella, le strategie di prevenzione secondaria (diagnosi precoce) sono basate sull’utilizzo della risonanza magnetica mammaria, ogni 12 mesi, come principale tecnologia diagnostica dalla giovane età (25-30 anni), affiancata dall’ecografia ogni 6 mesi e dalla mammografia ogni 12 mesi dai 35-40 anni d’età. Per l’ovaio si consiglia ecografica trans-vaginale ogni 6 mesi per le giovani donne, dopo i 40 anni si discute la chirurgia profilattica (mastectomia bilaterale) in relazione all’alto rischio di sviluppare malattia. Con le pazienti portatrici di mutazione BRCA tra le strategie di prevenzione primaria dei tumori possono essere discussi i fattori di rischio e comportamenti a essi associati.
Auto-palpazione del seno: osservazione del seno, palpazione, spremitura del capezzolo, esame dell’areola.
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