Le più comuni modalità di chirurgia ricostruttiva dopo mastectomia utilizzano espansore e protesi in silicone, o si avvalgono dell’ausilio di lembi di tessuti di altri siti del corpo della paziente, detti lembi autologhi che vanno a ricostruire il volume mammario.
In ogni caso esiste la possibilità che si verifichino complicanze come dolore, gonfiore, contrattura capsulare, aderenze cicatriziali e disfunzioni posturali; la figura del fisioterapista può aiutare la paziente ad affrontare le possibili complicanze.
La ricostruzione più diffusa è quella che avviene con l’inserimento di un espansore mio-cutaneo che poi viene sostituito da una protesi in silicone, dopo adeguato riempimento e dilatazione dei tessuti. In questo caso si può andare incontro al rischio dell’ispessimento e contrattura della capsula, ossia dei tessuti che “inglobano” la protesi stessa. Le cause sono multifattoriali: tipologia di protesi adottata, sede di impianto o infezione batterica. La più frequente è la risposta immunologica naturale del corpo alle protesi o agli espansori; l’organismo riconosce il corpo impiantato come una minaccia, ed esso viene avvolto da tessuto fibrotico che tenta di contenere il corpo estraneo.In alcuni casi la risposta è eccessiva e si crea una contrattura capsulare; la protesi diventa dura, deformata e dolorosa; il rischio di “rigetto” della protesi in silicone varia dal 4% al 10%.
Nelle ricostruzioni con lembi autologhi si utilizzano:
- lembo mio-cutaneo dell’addome o solo adiposo-cutaneo dell’addome
- con un’asola di muscolo e cute del gran dorsale che può essere usata da sola o con l’inserimento di una protesi in silicone
- può essere utile ance la ricostruzione con lipofilling, cioè utilizzano grasso autologo adeguatamente preparato
Le complicanze in questo caso sono più di natura postulare, cicatriziale e di contratture antalgiche; anche in questo caso la poca letteratura scientifica presente indica la fisioterapia come fondamentale per un
a ripresa rapida e funzionale.


